Una volta era tutto più facile: un uomo sapeva cosa volesse dire essere un uomo. Reagiva davanti alle cose sbagliate, aveva il diritto di farlo, anzi, era scontato che lo facesse. Lo stile di vita e i continui confronti in qualche modo preparavano agli inevitabili conflitti: quelli che possono portare al disgregamento o alla morte.
Poi è successo qualcosa: abbiamo oltrepassato la decenza. Gli avvocati sono diventati i nostri pastori e ciò che un tempo era comprensibile e lineare si è intorbidito nella burocrazia di ciò che definiamo “civilizzazione”.
Ora non si reagisce più davanti alle cose sbagliate: si bivacca nei tribunali macinando chilometri di cavilli burocratici. La donna ha chiesto la parità e alla fine l’ha ottenuta. Non conquistando tutti i privilegi dell’uomo, ma castrandolo in una sagoma femminile.
Non mi importa cosa dite: questo non è progresso e non è neanche evoluzione. E’ una malattia e c’è bisogno di qualcuno che capisca qual è la posta in gioco, qualcuno che possa esporsi come un vero uomo e prendere posizione contro l’ingiustizia di questo mondo. Oggi. Adesso. Prima di pranzo.
Arriva il momento in cui i malati e i deboli devono essere sacrificati per salvare il gregge?
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